Approfondimenti

Attraverso le Avanguardie Giuseppe Niccoli /visione e coraggio di una Galleria

22 Dicembre 2021

Ape Parma Museo

Death of Jackson Pollock ,1956, di Conrad Marca-Relli

Tra le migliori iniziative di Parma 2020, prorogate fino a quest’anno, c’è sicuramente questa interessantissima mostra curata da Marco, uno dei figli del gallerista Giuseppe Niccoli (1934-2016) che, con lo scopo di compiere una rivisitazione dell’attività quarantennale della nota Galleria Niccoli di Parma, offre alla città l’occasione di vedere una serie di capolavori che, allestiti con rara sensibilità e competenza, ci fanno compiere un percorso nell’arte contemporanea degno di un grande museo internazionale. In realtà questa Galleria pur non avendo mai seguito una ben precisa linea critica, grazie all’intuito del suo fondatore, ha sempre scoperto e valorizzato gli artisti che nel tempo avrebbero avuto successo a livello internazionale e soprattutto dagli anni Settanta ha organizzato mostre che hanno fatto storia.

Accoglie i visitatori una grande fotografia della facciata della GAM di Roma dove campeggia la Grande Spirale di Ettore Colla, scultore parmigiano d’origine, esponente di spicco dell’Astrattismo Italiano, a confrontarsi con Colla, Senza titolo Ellissi del 2009 di Mauro Staccioli che proietta sapientemente luci e ombre. Staccioli che ha usato prevalentemente materiale edilizio, ferro e cemento, ha creato opere che, seppure astratte, sono cariche di una valenza icastica e significativa molto potente, geometrie che, inserendosi nel paesaggio in modo problematico, come con i Grandi archi rovesciati, mettono a confronto i particolari con l’insieme provocando interrogativi esistenziali.

Cuore della mostra la sala dedicata a Conrad Marca-Relli che nato a Boston nel 1997 si trasferì a Parma su sollecitazione dell’amico ed estimatore Niccoli; Marca-Relli aveva fatto parte dell’entourage di Pollock, de Kooning, Guston, Motherwell, in seno al quale stava nascendo quel movimento dell’Espressionismo Astratto americano che, partito dall’invenzione del dripping di Pollock, aveva segnato la fine dell’arte rappresentativa e si proponeva un’espressività artistica connessa direttamente alla sfera psichica ed emotiva. Rinnegano la trasformazione anche quella più radicale della realtà e questo costituisce la differenza principale con l’altro movimento fondamentale del secondo dopoguerra in Europa l’Informale che invece non rinuncia al dato reale che sottopone a drastiche, esasperate trasformazioni.

Tra le sue opere più importanti Death of Jackson Pollock del 1956, eseguita dall’artista dopo che fu chiamato a South-Hampton per l’improvvisa, tragica morte del grande artista, “Mi rendo conto che vedo la sagoma di un corpo ste- so sul bordo della strada. È Jackson supino, gli occhi sbarrati. Non c’è traccia di sangue, nessuna ferita: sembra infatti, così sereno!”. L’episodio descritto dalle stesse parole di Marca-Relli porta lo stesso a modificare un’opera che stava realizzando e che dedica all’amico ed è questa stessa che è in mostra in tutta la sua dolorosa rappresentazione di un evento che risolve la propria tragicità nella rappresentazione quasi asettica del nulla, dell’energia dissolta; Infatti nella composizione apparentemente astratta si delinea pian piano la figura del corpo riverso al suolo privo di vita, mera espressione geometrica. 

In questo caso Marcarelli ci mostra come si distaccasse dagli Espressionisti Astratti Americani proprio per il suo persistente legame con l’immagine reale, così come i coetanei Informali, ma con una cifra stilistica assolutamente originale. Nella stessa sala una scultura dello stesso autore, in alluminio verniciato, del 1968 rimarca il senso della fine senza speranza nell’asetticità di una croce al difuori della storia.

La selezione che segue con opere di Mario Schifano, Mimmo Rotella, Sergio Lombardo, Franco Angeli e di nuovo Mauro Staccioli, è stupefacente per impatto visivo e potenza delle immagini, davvero il meglio di questi artisti che si possa immaginare per rigore e forza del messaggio evidente in No del 1960 di Schifano che si esprime la propria forza comunicativa con la passionalità del rosso e la purezza spinta al nulla del bianco. Sempre a proiettare magicamente luci e ombre, con lirismo e rigore compositivo, ecco un’opera di Melotti I magnifici sette forse a richiamare con il titolo le note musicali, suggestive di viaggi nell’infinito, che hanno sempre fatto parte del mondo di questo grandissimo artista.

Non poteva mancare un grande spazio dedicato a Salvatore Scarpitta con la divertente “Racing Car” del 1990 , una delle auto da corsa costruite da Scarpitta e sponsorizzata dalla Galleria Niccoli e dalla Fonderia Caggiati, che avendo partecipato a corse automobilistiche ci mostra l’aspetto performativo della sua arte. Ciò che ci impressiona sempre di quest’ultimo artista è Dimensione I del 1958 una tela estroflessa del 1958, a metà tra pittura e scultura, che anticipa opere successive nate dalla metà degli anni Sessanta di artisti come Castellani e Bonalumi. 

Non avrebbe potuto mancare una tela di Piero Dorazio, dalle caratteristiche geometrie con intrecci infiniti di forma, spazio e tempo, come pure un significativo Sacco di Alberto Burri del 1954, che si porta dentro tutte le ferite della guerra ma anche tutta la forza di ricostruire la propria psiche e il proprio paese.

Nel Caveau 40 troviamo una delle tre Via Crucis di Lucio Fontana, questa del 1947, un magistrale conflitto di forze di un artista laico spinto da una religiosità profonda nata dal suo rapporto con l’infinito e il divenire della vita.
Tra gli artisti delle generazioni successive mi hanno particolarmente colpito l’opera di Salvo dal titolo molto emblematico Respirare il padre del 1972 e una piccolo ma significativa composizione dell’esponente dell’Arte Povera Pier Paolo Calzolari, nella quale predomina il nero con una figura bianca in aggetto che si impone come presenza metafisica ed esistenziale.

Anche Claudio Parmiggiani con Farfalle del 2009, non a caso composta con l’ausilio di fuliggine e fumo, segna il percorso che hanno intrapreso i figli di Giuseppe Niccoli dopo la morte del padre e sono sicura che lui,che abbiamo conosciuto e stimato, ne sarebbe orgoglioso.

Il panorama artistico dell’Avanguardia Italiana del secondo dopoguerra direi che è davvero completo e di altissimo livello e tutti gli artisti meriterebbero grande attenzione in questa mia ricognizione per necessità breve e allora non mi rimane che raccomandare a tutti di non perdere questa importante esposizione.

Simona Tosini